Partitura per due voci
confuse


Lo vedi? Non
lo vedo. Io solo
o tu pure? Lui
ci vedrà? O forse
dubita, come noi,
della nostra esistenza.
Urlo? Mi faccio sentire:
niente. Forse è sordo,
ma nemmeno vale
sbracciarsi. Forse
aspetta un treno, ha
in mano un fazzoletto
bianco per salutare.
Va o viene? Di chi
è la valigia scura,
sulla destra? Non
ricordo se sia nostra,
la prendo. Posso
sempre renderla
rosa, fontana o
occhiali. Ci seguono?
Sento voci. Le nostre
deboli, sempre più.
Aspetta: il vaso! Ho
scordato di metterci
i fiori: l'acqua
appassirà. Non
possiamo tornare
indietro, adesso,
abbiamo venduto
le scarpe. Che fai,
cammini sulle mani?
Non sono capace.
Forse potremmo
chiedere al vigile
urbano. Va' avanti
tu. Scusi, dove
siamo? Ma è un
gabbiano: è bianco,
non parla, ha gli occhi
di mare. Non ricordo
che fare, il lunedì
pomeriggio: guarda
nell'agenda. Dopo
il 25 gennaio, mi pare
d'aver scritto qualcosa.
26 gennaio: allora
m'ero sbagliato, sarà
stato l'anno prima.
Il regalo, non perderlo.
E' un compleanno
importante. Vedi
quella signora
sull'altro lato della strada?
E' un girasole. Quel
cappello è un regalo
di compleanno, vedi
che conserva ancora
l'etichetta? Perchè deve
ancora consegnarlo
al festeggiato: lo sta
cercando. Con un po'
di fortuna potresti
essere tu. Tu no, meglio
io. A me starebbe meglio,
lo porterei legato
in vita: tu hai già
la borraccia. E' un otre,
l'ho riempito d'aria.
ne vuoi? E' la mia
personalissima, m'ero
stancato d'averla
in comune con tutti.
Sa d'arancia.
Cerco qualcuno
con cui condividerla,
ma mi basta anche solo
un posto dove liberarla.
Deve essere bello,
ci deve essere il mare.
Niente strapiombi, non
voglio che nella caduta
si faccia male. Banale.
La rima o l'assonanza?
Ridefinire gli obiettivi.
Non t'ascolto, perdonami,
non vorrei parlarti sopra.
Se tacessi, certo,
sarebbe tutto più semplice.
Viaggiamo insieme? Da
quando? Viaggiamo
a fianco, ma non ricordo
chi seguiva chi. Forse
entrambi seguivamo
qualcun'altro. Sì, ha girato
l'angolo, qualche ora fa.
Aveva gli orecchini
grandi, d'oro brillante.
E le orecchie? Non
rilevanti, direi. Allora
forse qualcuno
s'è travestito da chi
cercavamo, e ha girato
l'angolo. E se chi cercavamo
s'è travestito, pure?
Da muro, magari.
Senti? Un respiro.
Due, tre forse. Quante
persone ci seguono?
Non vedo nessuno.
La valigia inizia a pesare,
la lascio qui. E' quello
che stavo cercando,
qualcosa da abbandonare.
Credo m'aspettasse. Ora
non so dove. Qui. Qui sarei io
ad essere abbandonato.
Bisogna pensarci, ci vuol
tempo. Riposiamo.

Tienila ferma. La pianta?
L'ombra. Facciamo a turno.
Che fai, dove la metti?
Spostala più a sinistra.
Ecco, ci siamo quasi. No,
mi sposto io. Si fa sera
ormai, in Cina, meglio
ripartire. La portiamo
con noi? L'ombra?
La pianta. Dove? Dove
andiamo. Non ricordo
da dove siamo venuti.
Ci siamo mossi? Siamo
sempre stati qui, da
quando siamo qui,
prima eravamo altrove:
torniamoci. Non può
essere difficile trovare
la via: una qualsiasi andrà
benissimo. Ma la pianta
deve restare qui, così
noi saremo altrove.
Quanti altrove ci sono?
Quante le piante, credo.
Ne voglio uno mio:
ci appendo qualcosa.
La borraccia? E' un otre.
Mi pare di vedere
una barca, laggiù.
In un'altra vita ero un pirata.
Sono stato anche
imperatore, grillo,
Maria Maddalena.
Credo che questa sia
la mia prima
vita. Impossibile.
Ma sono nato una volta
sola! Io pure, ma morto
cento. Insomma, che
eri? Che ero? Quel
che vuoi. Una moneta.
Una zecca. Un cane.
Un gatto. Un ratto.
Mi chiamavo Sabina.
Mi pareva d'averti
già visto, infatti. Ricordi,
poco fa camminavamo.
Per quanto? Non distinguo
il poco dal molto. Troppo
sottile la differenza, senza
scopo puntualizzare. Prendo
l'abaco, facciamo i conti.
Quanto ti devo? Sei
anni in terra straniera.
Dilettante, una vita
intera. Si fa sera:
dormi. Muori?
E' una libertà concessa,
una messa privata,
una messe di grano.
Invano opporsi,
sono corsi e ricorsi.
Niente rimorsi.
Timori? Morituri
nascimur.