L'orologio

In metropolitana
un vecchio, con i denti gettati lì, un po’ a casaccio sotto gli occhiali,
si avvicina ad una ragazza;
lei regge dei fogli sulle ginocchia, uno spartito a pentagramma unico (canto, probabilmente).
Il vecchio sorride, le si siede accanto, non è invadente.
- Signorina
(lei lo guarda intimorita, non si sa mai, al giorno d’oggi)
- Signorina, scusi, vedo che si interessa di musica, bene…
Ma lei lo sa qual è stato il primo strumento utilizzato per misurare il tempo?
(La metro ferma intanto a Porta Genova)
La ragazza finge stupore per la domanda insolita (in realtà, già pensa ad una risposta che pretende intelligente)
- Beh… (le labbra si contraggono per spremere parole dense)
il sole, direi… (il merengue tra giorno e notte, la suite delle stagioni)
- Nooo!
Il vecchio scrolla la testa, i denti oscillano come ninnoli intarsiati.
(Lanza, attenzione che tra un po’ si scende)
Ancora la ragazza ci pensa, e non le importa il senso della domanda, si concentra per non stonare nella sinfonia che scroscia dai finestrini
- La meridiana (col suo teatro d’ombre filiformi)
la clessidra… (che rigurgita in eterno gli stessi attimi di sabbia)
- Ma no, mia cara…
lasci perdere tutto ciò (e le candele a tacche, e le corde a nodi bruciati dei cinesi)
pensi a qualcosa di più antico, di fondamentale…
- L’approfondarsi delle rughe sulle mani, attorno agli occhi
(Stazione Garibaldi)
- Bella risposta. Ma non occorre esser poeti per rispondermi, signorina…
Quasi arrossisce la ragazza, a vedersi appioppato per accidente l’appellativo di poeta.
- L’ingiallire delle foglie (il loro rendersi croccanti ai morsi del vento)
- Si sta allontanando di nuovo, signorina…
Il vecchio lancia occhiate malinconiche alle ginocchia lisce e rosate della ragazza.
(Gioia)
Lei, assorta, sembra seguire il pentagramma, poi mi guarda di sfuggita (non immagina le parentesi stucchevoli con cui annacquo le sue risposte)
- Ci sono, dice, e stringe i pugni
- Il battito del cuore
Il primo strumento che un essere umano può usare per sentire il passare del tempo.
Alcuni nello scompartimento si voltano per seguire l’andamento inusuale di quella conversazione
(“il battito del cuore” non fa propriamente parte del gergo della metro,
e neanche la parola “tempo”, dopotutto, così isolata e terribile)
Il vecchio non risponde
non manifesta sorpresa, non annuisce
ma neanche precipita la sua risposta negativa preparata diversi secondi fa.
(Milano Centrale, devo scendere)
Vorrei intravedere la conclusione di quel dialogo inusuale,
osservare tutte le modulazioni di voce della ragazza
e il ghigno metafisico del vecchio che si illanguidisce quando incrocia quelle ginocchia ancora nude
vorrei restare nell’indifferenza pizzicata del pubblico anonimo, che cambia di stazione in stazione come un susseguirsi di fotogrammi;
io avrei risposto
- La vita è lo strumento inventato dall’universo per vedere lo scorrere del tempo in tutta la sua drammaticità, la sua lancetta dei secondi
una risposta volutamente sofisticata, quindi senza senso.
(Ma è la mia fermata)
Chissà per quanto ancora il vecchio e la ragazza proseguiranno, tra le gallerie incatramate che strisciano sotto Milano.
Forse la risposta è proprio lui, il vecchio
che vaga da sempre in quello scompartimento
che con la sua domanda ha creato in me e nella signorina e forse anche nella peruviana con la busta della spesa seduta di fronte
la necessità del primo strumento utilizzato per misurare il tempo.
Forse è lui il primo orologio, col sorriso che oscilla tra le 10.10 e le 09.15,
con i denti gettati lì, un po’ a casaccio sotto gli occhiali
(presto, che il treno parte)